Messo alla porta il dipendente che ha violato il ‘Codice etico’ aziendale
Legittimo il provvedimento datoriale, soprattutto quando le condotte poste in essere dal dipendente hanno manifestato la consapevole ed intenzionale volontà diretta a violare le specifiche norme che era chiamato ad osservare e a fare osservare

Possibile il licenziamento del dipendente a fronte di una violazione del ‘Codice etico’ aziendale. Questa la netta posizione assunta dai giudici (ordinanza numero 30712 del 29 novembre 2024 della Cassazione), i quali, ampliando il ragionamento, precisano che la violazione del ‘Codice etico’ aziendale da parte del lavoratore, quando espressamente prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro tra le infrazioni punibili con licenziamento disciplinare, costituisce giusta causa di recesso quando, come nella vicenda in esame, le condotte poste in essere dal dipendente, investito di funzioni di responsabilità in materia di sicurezza, manifestino una consapevole ed intenzionale volontà diretta a violare le specifiche norme di sicurezza che era chiamato ad osservare e a fare osservare, configurandosi come pesanti infrazioni alla disciplina e alla diligenza nel lavoro che determinano una grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e dell’elemento fiduciario. A chiusura della vicenda, è legittimo, secondo i giudici, il drastico provvedimento adottato dall’azienda, a fronte degli addebiti mossi al dipendente responsabile del ‘Servizio di vigilanza e sicurezza’ gestito dalla società, ossia: avere consentito, in un’occasione, che uscisse dal sito gestito dalla società, attraverso la portineria, materiale (fogli di lamiera) in violazione delle procedure di stabilimento che, a tutela del patrimonio, prescrivevano una serie di adempimenti funzionali ad evitare la fuoriuscita di materiali; avere insabbiato e nascosto, in un’altra occasione, ai vertici aziendali un furto di cavo di rame comunicatogli da un suo sottoposto, addetto al servizio di vigilanza, al quale egli aveva dato istruzioni di non fare rapporto, di non notiziare della sottrazione i vertici della società e di provvedere a sostituire il cavo di rame rubato con altro cavo da reperire all’interno del sito; di avere intrattenuto, infine, una ripetuta serie di brevi contratti telefonici con due soggetti individuati dall’autorità giudiziaria come autori di un furto di ventimila litri di gasolio per autotrazione da un serbatoio presente all’interno del sito. Per i giudici non ci sono dubbi: le condotte realizzate dal lavoratore hanno comportato una palese violazione delle previsioni del ‘Codice etico’ della società, secondo cui, innanzitutto, il comportamento dei dipendenti nel perseguimento degli obiettivi e nella conclusione di ogni operazione deve essere ispirato ai principi di onestà, trasparenza, lealtà e integrità e correttezza, e, poi, tutti i dipendenti devono anche operare al fine di ridurre il rischio di furti, danneggiamenti od altre minacce esterne alle risorse assegnate o presenti in azienda, informando tempestivamente i vertici in caso di situazioni anomale.