Ristrutturazione dei debiti con transazione fiscale: 90 giorni imprescindibili per consentire all’amministrazione finanziaria di decidere sull’adesione

L’omologazione forzosa dell’accordo deve essere raccordata con i tempi di perfezionamento dell’adesione dei creditori

Ristrutturazione dei debiti con transazione fiscale: 90 giorni imprescindibili per consentire all’amministrazione finanziaria di decidere sull’adesione

Ai fini della omologazione forzosa (cosiddetto ‘cram down’) dell’accordo di ristrutturazione dei debiti contenente una transazione fiscale, la relativa domanda di omologazione deve essere raccordata con i tempi di perfezionamento dell’adesione dei creditori, compreso il creditore fiscale, con la conseguenza che essa risulta inammissibile laddove presentata prima del decorso del termine di novanta giorni concesso all’amministrazione finanziaria, come da legge fallimentare, al fine di valutare l’eventuale adesione alla proposta di soddisfacimento formulata dal debitore. Questo il principio fissato dai giudici (ordinanza numero 34377 del 24 dicembre 2024 della Cassazione), i quali hanno ritenuto, di conseguenza, legittimo il reclamo proposto dall’Agenzia delle Entrate contro l’omologazione forzosa di un accordo di ristrutturazione presentato da una ‘società a responsabilità limitata’ e contenente una proposta di transazione fiscale. In sostanza, l’amministrazione ha eccepito il mancato rispetto del termine di novanta giorni, previsto per la presentazione della domanda di omologazione in mancanza di adesione. A fronte di tale rilievo, i giudici osservano che la norma – dopo aver stabilito che il Tribunale omologa l’accordo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria (o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie) quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della prevista percentuale e quando la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria – aggiunge che l’eventuale adesione deve intervenire entro novanta giorni dal deposito della proposta di soddisfacimento. Tirando le somme, la questione prospettata dall’amministrazione a mezzo del reclamo è una questione di inammissibilità della domanda di omologazione, poiché legata a una proposta di soddisfacimento ancora suscettibile di esame, mentre la domanda è stata presentata prima della scadenza del termine senza dare la possibilità all’amministrazione di determinarsi in un modo o nell’altro. I giudici d’Appello hanno disatteso la censura proposta dall’Agenzia delle Entrate e hanno osservato che è ben possibile depositare una domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione del debito con transazione non approvata dai creditori istituzionali prima ancora che sia scaduto il termine, in quanto esso non è delineato come termine dilatorio della presentazione della domanda, quanto piuttosto della adozione del provvedimento giudiziale conclusivo del procedimento di ristrutturazione del debito. Quindi, la norma è rispettata, secondo i giudici d’Appello, quando il Tribunale ha comunque fissato l’udienza di omologazione dopo la maturazione del termine. Tale visione non è corretta, però, secondo i magistrati di Cassazione, poiché in contrasto con la ratio più che col tenore letterale della norma e poiché non è consentito svincolare gli elementi della sequenza procedimentale implicitamente validata dal legislatore. Nello specifico, la domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione – anche quando sia con transazione fiscale ed eventuale ‘cram down’ – deve necessariamente essere raccordata con i tempi di perfezionamento dell’adesione dei creditori, compreso il creditore fiscale. Deve essere raccordata invero anche col perfezionamento dei tempi di opposizione. Invece, la chiave di lettura adottata in Appello determina un evidente disallineamento nel momento stesso in cui suppone che il termine di novanta giorni sia da collegare a una sorta di semplice (e ovvio) divieto di adottare il provvedimento conclusivo del procedimento di omologazione prima dei fatidici novanta giorni. Ma la domanda di omologazione, così come le opposizioni dei creditori e di ogni soggetto coinvolto, presuppongono l’accordo, e dunque l’adesione dei creditori alla proposta. A fronte della possibilità di procedere alla omologazione forzosa, ove l’adesione non sia intervenuta nel termine a ciò stabilito dalla legge, si presuppone che sia almeno scaduto codesto termine. È illogico affermare che sia dato al proponente di presentare la domanda di omologazione prima della scadenza di esso: quella domanda difatti sarebbe deprivata di uno dei presupposti che coinvolge il fine concorsuale e finirebbe per cagionare anche una contrazione delle stesse avverse possibilità di determinazione. In generale, poi, l’accordo di ristrutturazione è basato – concettualmente – sull’adesione dei creditori o alternativamente sulla mancanza di adesione nel termine. Le agenzie fiscali e gli enti previdenziali, proprio perché soggetti al ‘cram down’, sono liberi di accettare o meno la proposta, avendo però a disposizione un tempo di valutazione dettato dalla legge e non diversamente comprimibile, sottolineano i magistrati di Cassazione.

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