Proprietà comune di un bene: sufficiente l’attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo

Necessario che il bene sia collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente, con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condòmini, in rapporto con queste da accessorio a principale

Proprietà comune di un bene: sufficiente l’attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo

In materia di condominio negli edifici, per tutelare la proprietà di un bene ricompreso tra quelli indicati dal Codice Civile come parti comuni non è necessario che il condominio ne dimostri, con il rigore richiesto per la rivendicazione, la comproprietà, essendo sufficiente, per presumerne la natura condominiale, che esso abbia l’attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo, e cioè sia collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente, con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condòmini, in rapporto con queste da accessorio a principale, mentre spetta al condòmino che ne afferma la proprietà esclusiva darne specifica prova.
Questi i principi fissati dai giudici (ordinanza numero 16886 del 24 giugno 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso sorto in un palazzo in quel di Livorno, contenzioso relativo alla proprietà di un manufatto insistente sul cortile comune.
In premessa viene richiamato quanto stabilito dal Codice Civile, e cioè che sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo, tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune (come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti ei lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate), le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune, le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’ energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, ei relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.

Il fondamento della situazione di condominialità – che, per quanto rilevante nel caso in esame, riguarda anche i cortili – risiede nel rapporto di accessorietà necessaria che lega alcune parti comuni (quali quelle elencate in via esemplificativa dal Codice Civile) ad unità o porzioni di proprietà individuale, delle quali le prime rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso.
L’elenco fatto dal Codice Civile, però, non formula una presunzione legale di comunione, ma si limita a stabilire che i beni indicati sono comuni, a meno che non risultino di proprietà esclusiva, a fronte di un titolo che può essere costituito o dal regolamento contrattuale o dal complesso degli atti di acquisto delle singole unità immobiliari o, infine, dall’usucapione. L’operatività di tale meccanismo presuntivo, che si sostanzia sia nella destinazione all’uso comune della res, sia nell’attitudine oggettiva al godimento collettivo, dispensa il condominio dall’onere di provare il suo diritto attraverso la cosiddetta probatio diabolica, mentre spetterà al singolo condòmino, che pretenda di essere titolare esclusivo di un bene comune, dare la prova della sua proprietà individuale.
Tornando alla specifica vicenda, è fondamentale verificare la sussistenza o meno del nesso di condominialità tra il manufatto e il fabbricato e, quindi, fare applicazione della regola probatoria secondo cui, nel caso di esistenza della situazione di condominialità, spetta al condòmino che afferma la proprietà esclusiva della cosa comune darne la prova, sulla base di un titolo contrario oppure perché la cosa (nella specie, il manufatto) non rientra proprio nel novero di quelle comuni perché, per le sue caratteristiche strutturali, serve soltanto all’uso e al godimento della porzione di fabbricato oggetto del loro autonomo diritto di proprietà.

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